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Dubai e gli Emirati Arabi Uniti. Scheda Paese. 1^ parte

Tra tutti i sette Emirati Dubai, in particolare, ha assunto il ruolo di hub commerciale di tutto il medio oriente: è considerata a tutti gli effetti la porta d’ingresso al sub continente indiano e al continente sub sahariano. Il Paese intero sta affrontando una profonda trasformazione, e un’accelerazione verso l’economia globale anche in previsione di Expo 2020 Dubai e il Quatar FIFA World CUP 2022.
La leadership degli ultimi sceicchi succedutisi al trono ha avviato un percorso di sviluppo economico e socio-culturale, soprattutto negli emirati di Dubai e di Abu Dhabi, la cui intensità, rapidità e risultati ha pochi eguali nel Medio Oriente e nel mondo.
L’emirato di Dubai in pochi anni, grazie alle imponenti risorse impiegate, è divenuto un’area funzionale e dinamica dal panorama unico. Quasi uno spazio espositivo a cielo aperto, con edifici e strutture architettoniche all’avanguardia uniche nel loro genere, frutto di una perfetta fusione tra innovazione, tradizione e senso estetico.

Nonostante il progressivo esaurirsi delle risorse energetiche, infatti, l’economia di Dubai ha avuto la grandissima abilità di trasformarsi, diversificando attività̀ e fonti di reddito ed investendo in infrastrutture e servizi.

Tornando alla federazione, la ricchezza degli emirati si fonda quasi esclusivamente sul petrolio (circa 130 milioni di t estratte nel 2007 e il 10% delle riserve mondiali) e sul gas naturale (oltre 47 miliardi di mcubi nel 2007). I maggiori giacimenti di queste due risorse sono concentrati ad Abū Dhābi e Dubai (più modesta è la produzione a Sharjah e Umm al-Qaywayn, dove esistono buone riserve di gas naturale; Dubai ha riserve più scarse).
Il petrolio viene estratto da vasti giacimenti continentali e sottomarini, collegati fra loro e ai terminali di imbarco da una fitta rete di oleodotti. Al fine di ridurre il grado di dipendenza dalle esportazioni di petrolio e nel tentativo di diversificare la produzione, già dalla fine degli anni 1990 sono stati avviati programmi di sviluppo industriale, fondati sull’aumento della produzione di energia, sulla creazione di industrie sia di base (chimica e petrolchimica, metallurgia dell’alluminio, del cemento ecc.) sia produttrici di beni di consumo (soprattutto alimentari). Inoltre, sono state impiantate stazioni agricole sperimentali che, oltre a utilizzare riserve idriche sotterranee o acqua proveniente dagli impianti di dissalazione, applicano tecniche colturali d’avanguardia. Le attività agricole, che grazie a numerosi investimenti in opere di bonifica, pozzi, canalizzazioni riescono oggi a soddisfare in parte il fabbisogno interno, si concentrano nelle oasi (specie in quella di Buraimi) e producono soprattutto datteri, ortaggi, frutta. Ingenti capitali vengono costantemente investiti nel settore immobiliare, dell’elettronica, dell’informatica e dell’alta tecnologia, commerciale (con la creazione di zone franche aperte ai capitali stranieri) e finanziario. In forte e costante espansione è anche il turismo di lusso, che si avvale di moderne infrastrutture.

Dubai in particolare è diventata negli anni un paese dinamico e moderno, che nonostante la crisi del petrolio e le risorse limitate del greggio, continua a perseguire ambiziose politiche di sviluppo.

Nel rapporto World Happiness Report 2017 elaborato da SDSN, gli Emirati Arabi Uniti sono risultati al 1° posto nella regione e al 21° posto nel mondo per la qualità della vita. Classifica notoriamente guidata da Norvegia e, Danimarca e Islanda.
E’ la regione, inoltre, che nelle graduatorie mondiali di sviluppo umano si colloca al 42° posto su 188 paesi. Nonostante un vistoso calo del PIL pro-capite, dunque, registrato negli ultimi 27 anni, gli EAU hanno scalato le classifiche mondiali . I massicci investimenti realizzati nei settori della sanità e dell’educazion, hanno aumentato il benessere nella regione, non solo: le donne occupano il 41,9% della forza lavoro del paese, doppia rispetto alla media dei paesi arabi (22%).
La regione non presenta particolari barriere all’entrata, anche se il mercato che la caratterizza rimane molto complesso e non di facile penetrazione, anche in ragione degli usi e costumi profondamente permeati dalla religione di Stato: l’Islam.

L.D.

Aprire una sede secondaria (Branch) di una società estera in Italia / Set up a branch company in Italy

Aprire una Branch in Italia per le imprese estere che vogliono operare nel nostro Paese non è complicato e comporta i vantaggi di una gestione più snella da parte della casa madre.

La Branch che, oltre a promuovere l’immagine della società straniera sul mercato italiano intende concludere affari, deve necessariamente essere identificata in Italia tramite un rappresentante commerciale (persona fisica). Deve anche essere iscritta al Registro Imprese competente.
La pratica viene gestita in collaborazione con un Notaio e una volta ottenuta la partita iva, il codice fiscale e aver comunicato l’inizio attività, la casa madre può iniziare ad operare in Italia come un soggetto residente a tutti gli effetti.
La Branch non avrà personalità giuridica in Italia, pertanto la responsabilità civile per gli atti compiuti in Italia ricadrà sempre sulla casa madre estera, in alcuni casi in solido con il rappresentante commerciale (istintore).

FISCALITA’
Fiscalmente la Branch si configura quale una Stabile Organizzazione Materiale sul territorio italiano, vale a dire che ha piena personalità fiscale. Alla pari di qualsiasi altra società residente. Sarà, pertanto, obbligata a tenere registri contabili per l’attività svolta sul territorio, prima nota e contabilità IVA. Dovrà anche adempiere a tutti gli adempimenti fiscali annuali e infrannuali obbligatori. Di questo sarà responsabile l’istintore.
Il reddito della Branch così sarà tassato sia in Italia che nel Paese estero, al quale si dovrà dare prova dei versamenti avvenuti nel nostro Paese per usufruire dei crediti d’imposta stabiliti dalle Convenzioni Internazionali contro le Doppie Imposizioni.
In questo modo la casa madre estera eviterà, almeno in parte, la doppia imposizione fiscale (tassazione in entrambi i Paesi).

UFFICIO DI RAPPRESENTANZA
La Branch potrebbe anche solo funzionare come un ufficio di rappresentanza sul territorio Italiano. Con funzioni meramente e d esclusivamente promozionali, svolgendo di fatto solo un’attività preparatoria all’apertura di una filiale operativa. In questo caso la Branch può essere costituita anche attraverso l’apertura di una unità locale. Senza l’ausilio del notaio. Non sarà nemmeno un soggetto fiscalmente rilevante sul territorio italiano. Non potrà però emettere fattura in Italia.
Di norma, con qualche eccezione tale meccanismo funziona anche per le Branch di società italiane all’estero, ma di questo ne parleremo in articolo dedicato.
A presto!

ENGLISH VERSION

Setting up a Branch Company in Italy doesn’t face particolar difficulties. Indeed, as an alternative to a Subsidiary company a Branch office in Italy involves easier management.

IMPORTANT STEPS and THINGS TO KNOW ABOUT
The local italian office that, in addition to promoting the image of a foreign company on the Italian market, intends to conclude business, must be identified in Italy through a commercial representative. It must also be registered in the mandatory country Companies Register.
In a few weeks a business consultant and a notary will manage the Branch set up and, after that, government’s tax office will assign a VAT number, essential to start working in Italy. Afterwards the foreign company should start working in Italy as a resident company, according to the international laws.
The branch has not legal liability itself in Italy. The liability for acts done in Italy is always on the parent company in force with the legal representative.

TAXATION
The Branch, as described above, will be a Stable Organization of a foreign company in Italy, and owing to that it will have full tax personality. As a resident italian company. There will be mandatory to keep accounting records for the activity carried out on the italian territory. The Branch will also have to fulfill all mandatory annual fiscal obligations.
In order to benefit of the tax credits established by the International Conventions against Double Tax Impositions (CFC), the branch’s income taxation on will indeed be proved in the foreign Country where the company has its headquarter .
In this way, the parent company will avoid, at least in part, taxation in both countries.

REPRESENTATIVE OFFICE
Another Branch type could be the representative office in Italy. Which makes merely preparatory business activities, promoting the image of a foreign company on the italian market. Setting up a representative office is easier and less expensive, however. But it shouldn’t issue invoices in Italy. All its costs must be payed by the foreign company, and an accountancy of the italian office expenses is mandatory.
As a rule, with few exceptions, it also works for branch of Italian companies abroad, but we will discuss this in the dedicated article.

See you soon!

Business Etiquette negli Emirati Arabi Uniti

Come facciamo a non sbagliare approccio? Impariamo a seguire alcune semplici regole della Business Etiquette

Imparare come comportarsi durante una conversazione d’affari, quale sia la ‘Business Etiquette‘ del Paese che ci ospita è spesso vitale per non incappare in figuracce che potrebbero compromettere i buoni rapporti con il nostro interlocutore. Approcciare mercati esteri in un processo di business internazionale, ancora prima di insediarsi con una Branch o una Subsidiary, richiede una preparazione culturale di fondo. Non solo, anche partecipare a fiere di settore può essere culturalmente impegnativo…è necessario prepararsi a dovere. Cerchiamo, quindi, di adoperarci il più possibile per adottare un comportamento corretto ed eviteremo di compromettere la nostra trattativa d’affari.
Di seguito un’infarinatura molto breve, ma efficace, di quel che è opportuno fare e non fare, quando vi recate in un paese Arabo per business:

* Le strette di mano tra uomini sono molto utilizzate, ma attenzione tra sessi diversi, generalmente non ci si stringe la mano. Se avete a che fare con una donna, stringetele la mano solo se è lei a tendervela
* Utilizzate sempre la mano destra: nella cultura islamica la sinistra è considerata impura
* ricordiamoci che bere alcolici in pubblico è vietato e non beviamo vino davanti al nostro interlocutore se prima non gli abbiamo chiesto se gli dà fastidio
* Gli anziani vanno salutati per primi e hanno sempre la precedenza al momento di entrare in una stanza
* Le riunioni sono spesso accompagnate da caffè e cibo: il rifiuto è considerato maleducazione. Quindi, anche se non vi va una pietanza offerta, sforzatevi oppure cercate di rifiutare con molto garbo utilizzando le dovute maniere.
* E’ molto apprezzato, prima di discutere di affari, chiedere come sta la famiglia, informarsi sui figli, ma è sempre inopportuno fare domande esplicite sulla moglie
* Curate sempre con particolare attenzione le relazioni di amicizia e di fiducia, perché sono alla base degli affari.
* In generale è meglio non recarsi per affari nei paesi arabi nel periodo del Ramadan
* Il saluto abituale è “as-salam alaikum”, che significa “la pace sia su di voi”. La risposta è il ricambio dell’augurio: “wa alaikum as-salam”, cioè “e su di voi sia la pace”
* “inshallah” significa “se Dio vuole” e viene utilizzato al momento di congedarsi.

Con queste poche e semplici regole, le basi per non fare spiacevoli gaffe ci sono. Ora non resta che studiare a tavolino un progetto di penetrazione del mercato e verificarne la fattibilità con l’aiuto dei nostri professionisti, siamo a disposizione per un primo incontro gratuito.

Laura Diana
Business & Strategic Advisor

Cosa vuol dire internazionalizzare? Andare oltre l’export, scopriamo come

Sfatiamo un mito: Export non è sinonimo di Internazionalizzazione.
Pochi viaggi conoscitivi all’estero, qualche brochure al seguito (in italiano), scarsa padronanza dell’inglese, generica conoscenza della cultura del posto, lentezza decisionale … Questi sono solo alcuni degli errori più comuni. Quindi, cosa fare? Per esempio, dovremmo riscoprire la nostra vocazione imprenditoriale. Farci guidare da un esperto che non si sostituisca a noi, ma che ci affianchi e, least but not last, fermarci ogni tanto a riflettere sulla strategia aziendale. Spesso il dubbio è: ma per potermi affacciare ad un mercato estero, cosa mi serve? Dobbiamo già avere esperienza nell’export? Non necessariamente.
Vediamo, allora, quali step seguire.

Porto di Jafza - Free zone DUBAI

La disciplina fiscale delle Controlled Foreign Companies (CFC) dal 2016

In un processo di internazionalizzazione articolato, nonchè in uno strategic plan ben fatto, gli aspetti fiscali non sono secondari a quelli di pianificazione finanziaria. L’impatto di una mancata pianificazione fiscale potrebbe avere un effetto dirompente sul tax planning della casa madre italiana.
Quando si internazionalizza si fa un passo oltre l’export. Quindi è necessario prepararsi a dovere e dare il giusto inquadramento agli aspetti fiscali del progetto.
A questo proposito ci soffermiamo oggi sulla disciplina fiscale delle Controlled Foreign Companies, per poi affrontare, in un secondo intervento, la nuova normativa dedicata alle Branch, di prima applicazione proprio ai redditi 2016 che le nostre società andranno a dichiarare nel corso di quest’anno.

Iniziamo fissando il concetto che PRESUPPOSTO PER L’APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA RELATIVA ALLA CFC è IL POSSESSO (inteso come controllo diretto o indiretto) DI REDDITI CONSEGUITI IN UNO STATO ESTERO. Il regime di tassazione avviene per “trasparenza” in capo al socio residente in Italia, di tutti redditi realizzati dalle sue controllate estere domiciliate in Stati con regime fiscale privilegiato, indipendentemente dalla effettiva distribuzione degli stessi. Il Paese estero nella nuova normativa non necessariamente dovrà essere ricompreso tra quelli a fiscalità privilegiata.
La localizzazione della controllata in uno Stato o territorio a regime fiscale privilegiato implica comunque, di per sé, la presunzione di elusività della partecipazione. Tale presunzione, ad ogni modo, può essere superata interpellando l’Amministrazione finanziaria oppure dimostrando che il carico fiscale è almeno pari al 50% di quello che sarebbe stato scontato laddove la controllata fosse stata residente in Italia.

La ratio della norma sulle società estere controllate è da individuarsi nel contrasto alla delocalizzazione in Paesi a fiscalità privilegiata di attività prive di qualsiasi radicamento con i territori medesimi. La norma, quindi, attrae in Italia e tassa per trasparenza i redditi conseguiti dalla partecipata estera.
Il nuovo dettato normativo, come sopra accennato, prevede che siano assoggettate a questo regime le partecipazioni di controllo di un’impresa che sia localizzata in un Paese con un livello nominale di tassazione inferiore al 50% di quello applicabile in Italia, restano esclusi gli Stati appartenenti alla UE con i quali il nostro Paese abbia stipulato accordi di scambio effettivo di informazioni. A tali Paesi però, cosiddetti white list, si applicherà comunque una CFC rule seppure sia “non Black list”. L’estensione della normativa CFC anche alle controllate estere localizzate in Paesi non a fiscalità privilegiata (ad esempio UE), sarà effettuata qualora congiuntamente risultino soddisfatti i seguenti requisiti:
• il livello effettivo di tassazione del soggetto controllato estero è di oltre il 50% inferiore a quello cui sarebbe assoggettato se fosse residente in Italia;
oltre il 50% dei suoi proventi deriva dalla gestione titoli, finanziamenti, diritti immateriali prestazioni servizi infragruppo.

La CFC potrà essere disapplicata se ,e  solo se, la società residente dimostri, alternativamente, una delle seguenti circostanze (esimenti):

a) che la cfc svolga, in via principale, nello stato o territorio nel quale ha sede, una effettiva attività industriale o commerciale;
b) che dalle partecipazioni possedute non consegue l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati.

Alla luce di quanto sopra esposto è doveroso fare qualche riflessione conclusiva.

Prima di tutto: l’azienda che decide di entrare in un mercato estero delocalizzando la commercializzazione dei propri prodotti e/o parte della produzione aprendo una società di diritto locale, in linea teorica, ha tutte le carte in regola per poter presentare l’interpello e far valere almeno una delle esimenti, beneficiando così della fiscalità privilegiata dello Stato di insediamento. Ma in ogni caso, non è questo il punto. Il punto è che se un’impresa decide di internazionalizzare, l’aspetto fiscale avrà la giusta e necessaria rilevanza, ma non sarà determinante nella scelta dello Stato in cui posizionarsi. E dunque certamente, dal 2016 più che mai, sarà fiscalmente meno “invasiva” sull’imponibile della controllante residente in Italia, la scelta dell’apertura di una filiale estera (Branch) piuttosto che di una società avente una personalità giuridica propria (Subsidiary/CFC). Questo perché nel caso della filiale estera, come vedremo, si potrà optare per la Branch Exemption, nuovo istituto di diritto tributario con il quale le imprese residenti beneficiano di un’esenzione dalla tassazione degli utili e delle perdite delle stabili organizzazioni. 

Ma non dimentichiamo l’aspetto puramente commerciale e strategico. Un processo di internazionalizzazione verso alcuni Paesi del mondo, vedi U.S.A. o Emirati Arabi Uniti, raramente prevederà l’apertura di una semplice filiale, seppur sia una scelta sotto tutti gli aspetti meno onerosa, semplicemente perché penetrare il mercato locale con una branch sarebbe pressoché impossibile e il processo di internazionalizzazione finirebbe per naufragare ancora prima di iniziare. Quindi, oggi più che mai, nel contesto economico in cui ci troviamo, è necessario approcciare questi delicati processi con una vision a 360°, avendo la giusta consapevolezza e preparazione sulla normativa fiscale italiana, al fine di perseguire strategie commerciali internazionali efficaci ed efficienti nel tempo.

Laura Diana
Strategic advisor
www.dpinternational.it

MEET DUBAI: il video racconto.

Sono trascorse poco più di due settimane dal nostro evento MEET DUBAI|BUILD YOUR BUSINESS.
Sono intervenuti oltre 60 imprenditori. Abbiamo proposto un approfondimento dal taglio pratico per scoprire Dubai: la nuova frontiera del business internazionale. Uno dei tre hub logistici più importanti al mondo. Quali metodi di approccio, le peculiarità del mercato, quali i settori in pieno sviluppo, il fermento per Expo 2020 e molto altro ancora. Voi c’eravate? Se ve lo siete perso, poco male, abbiamo condensato tutto in un breve video racconto.

http://https://youtu.be/IvubxFkZW9c

D&P International S.r.l. e l’internazionalizzazione negli Emirati Arabi Uniti: la nostra video brochure.

D&P International vi affianca nei processi di internazionalizzazione negli Emirati Arabi Uniti: in poco più di un minuto chi siamo, cosa facciamo e perché Dubai.
Vi presentiamo i nostri business services dedicati.
video brochure D&P International
http://https://youtu.be/0zrH-aW9J-E
Contattateci per avere la nostra Guida Smart!
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DUBAI: LA CAPITALE ECONOMICA DEGLI EMIRATI ARABI UNITI

Si è tenuto il 22 novembre scorso al Centro Congressi Papa Giovanni XIII di Bergamo il primo evento in città dedicato al doing business negli Emirati Arabi Uniti dal titolo “MEET DUBAI – BUILD YOUR BUSINESS”.

L’evento ideato, promosso ed organizzato dalla nostra società, ha visto protagonisti gli imprenditori del territorio interessati dalle opportunità di business che da qui al 2050 si susseguiranno in questo Emirato affacciato direttamente su Golfo Persico.

Il territorio emiratino di DUBAI, ad oggi, è lo snodo commerciale più importante in tutto il Middle East e continua ad attirare capitali esteri attraverso l’attuazione di politiche economiche governative mirate ad una continua espansione.

Expo 2020 si inserisce in questo contesto e rappresenta solo una piccola parte del progetto strategico DUBAI 2021.

Molti piani strategici in atto ed enormi infrastrutture sono in costruzione: un aeroporto che avrà una capacità di transito passeggeri annua stimata in circa 220 mln di visitatori; ‘Dubai South’ la nuova città attorno ad EXPO 2020; due nuove linee metropolitane che collegheranno il sito dell’esposizione universale con tutti gli Emirati Arabi Uniti; è stato da poco inaugurato il Creek Canal, che ha di fatto trasformato DUBAI in un’isola nel Golfo Persico, la cui sola inaugurazione è costata $ 5 mln; un Parco solare a concentrazione, il più esteso del mondo, già completato per più del 50%; a maggio 2016 è stato inaugurato il primo ufficio costruito interamente con tecnologia di stampa digitale 3D con l’intento di edificare in 3D, entro il 2050, almeno il 25% degli edifici in costruzione dimezzando costi e tempi di realizzo ….. e molto altro ancora.

Le opportunità sono, quindi, davvero molteplici e decisamente alla portata degli imprenditori italiani, che per raggiungere questo mercato devono, però, fare uno sforzo maggiore in termini di mentalità imprenditoriale: Dubai offre il meglio di sé a chi conosce e rispetta la propria cultura, a chi approccia il business con una profonda conoscenza di come si muove il mercato locale. Non solo export, quindi ma anche e, soprattutto, delocalizzazione. Questi sono i temi principali emersi durante l’evento.

Quindi, lo sviluppo di un progetto di internazionalizzazione articolato e pensato sotto ogni aspetto diventa nell’approccio agli Emirati la carta che fa la differenza, perché i problemi che dovremo affrontare durante il nostro percorso saranno diversi: quale è la differenza tra insediarsi nelle free zones e in mainland e, se la nostra strategia d’internazionalizzazione ci dovesse portare in Mainland Dubai, quale partner locale scegliere? Che ruolo dargli? Chi lo seleziona? Parteciperà alla vita societaria o sarà silente? Non solo, molti altri temi dovranno essere focalizzati, ad esempio: l’approccio con i dealer presenti sul mercato, come mantenere relazioni efficaci e durature nel tempo sul territorio, non farsi scalzare, quali rapporti è meglio intrattenere e quali no.

Laura Diana
Strategic Advisor

Hanno parlato di noi…

Ecco la rassegna stampa dei media che hanno parlato di noi e del meeting “MEET DUBAI” tenuto ieri al Centro Congressi Giovanni XXIII.

Eco di Bergamo del 17 Novembre 2016

Eco di Bergamo del 23 Novembre 2016

La Rassegna del 16 Novembre 2016

 

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